Nel 2200 una missione spaziale guidata dal comandante Adams (Leslie Nielsen) giunge sul remoto “pianeta proibito”: Altair IV, dove trova il professor Morbius (Walter Pidgeon), unico superstite del Bellerofonte, astronave giunta sul pianeta venti anni prima e data per dispersa.
Su Altair IV Morbius vive solo con sua figlia Altaira (Anne Francis) e utilizza il robot tuttofare Robby, mentre tutti gli altri membri dell’equipaggio del Bellerefonte sono morti misteriosamente. Morbius mostra a Adams i resti dell’avanzatissima civiltà dei Krel, antichi abitatori del pianeta proibito scomparsi, misteriosamente, migliaia di anni prima.
Strani eventi si verificano, nel frattempo, a bordo dell’astronave terrestre, causati da inquietanti presenze sul pianeta. Adams scopre che tali eventi sono dovuti a creature nate dalla mente del professor Morbius che, utilizzando la tecnologia dei Krel, ha raddoppiato il suo potenziale intellettivo, ma ha risvegliato anche i mostri del suo inconscio, materializzando i suoi odi e la sua aggressività repressa.

“Il Pianeta proibito” (Forbidden Planet, 1956) di Fred McLeod Wilcox è una rilettura fantascientifica della “Tempesta” di Shakespeare, rielaborata da Irving Block e Allen Adler e sceneggiata da Cyril Hume. Il film rappresenta una delle tappe fondamentali dello sviluppo del genere, con la riuscita caratterizzazione di un robot al servizio dell’uomo (Robby, programmato secondo le 3 Leggi di Asimov, non può in alcun modo fare del male all’uomo) e con l’originale applicazione di tempi psicoanalitici a una trama di science fiction.
E, nonostante la presenza nella storia di qualche eccessiva ingenuità, è un’opera che suggestiona ancora oggi, grazie anche alla superba fotografia di George Joseph Folsey.
Il cinema americano, in seguito, non segue la strada tracciata da questo gioiellino, un film coraggioso e pionieristico, ma preferisce proiettare sistematicamente sull’ “altro”, sul nemico esterno (malviventi, pellerossa, alieni, mutanti, serial killer, amanti traditi, soci d’affari divenuti implacabili antagonisti o perfino agenti della natura, come terremoti) i conflitti e le contraddizioni che angosciano l’Io.
È la strada più facile da percorrere, metafora del semplicismo con cui la nostra civiltà tende a scaricare sull’esterno l’incapacità di guardarsi dentro, di riconoscere in se stessa i germi latenti dell’autodistruzione.

Fred McLeod Wilcox, classe 1909, già famoso negli anni Quaranta per aver girato a Hollywood alcuni film di successo per ragazzi, con “Il pianeta proibito”, raggiunge il migliore risultato della sua carriera, dirigendo un’opera tra le più riuscite nella storia del cinema di fantascienza.