Gioie e tragedie della nostra quotidianità

Maresa Galli

In scena al Ridotto del Mercadante di Napoli, fino al 12 febbraio 2023, un lavoro da non perdere: “Personaecore”, “un atto unico sincopato da un buio, che è anche mentale, un buio breve e intenso come l’affiorare di un rumore di fondo graffiante dal caos della quotidianità”, come spiega l’autore e regista Sandro Dionisio, che ha costruito un intenso apologo sulla solitudine della modernità. Interpreti della produzione del Teatro di Napoli – Teatro Nazionale sono Roberto Azzurro, Tina Femiano, Francesca Fedeli, Antonella Romano; la scenografia è di Renato Lori, in collaborazione con il corso dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, i costumi di Marianna Carbone, le luci di Carmine Pierri, le belle musiche di Gaemaria Palumbo e di Giosi Cincotti. “Dicitencello vuje” è cantata da Pietra Montecorvino; l’angelo in voce è Nadia Carlomagno.

I ringraziamenti (foto di Maresa Galli)

Dionisio ambienta la storia nell’animata sala d’attesa dell’ufficio invalidi di una Asl di Napoli dove esplodono nevrosi e conflitti a lungo repressi. Le prime pazienti sono una giovane e grintosa nonna (Antonella Romano) pronta a dispensare consigli a Maria (Tina Femiano), fumatrice incallita provata dalla vita, costretta, anche lei anziana e stanca, a prendersi cura del marito gravemente ammalato. E intanto, con mille problemi, cosa fanno i “nostri politici? Se ne fottono!”, concludono le due donne in attesa di essere chiamate dai dottori, di trovare sollievo, di lenire gli animi feriti. Giungeranno poi altri due personaggi sopraffatti dalla vita: Gloria (Francesca Fedeli), disabile mentale, giovane e carina, accolta in casa da un anziano, Michele Buonsignore (Roberto Azzurro), trascurato e inselvatichito dalla solitudine. La donna si appoggia all’uomo che cura come fosse un marito o un padre, dandogli la delega della pensione. L’uomo, nullafacente e approfittatore, in realtà si appoggia alla donna per curare le proprie devastanti ferite esistenziali. Chi li ha fatti incontrare? Di certo un Dio del dispetto o del paradosso. Gloria sogna però di fuggire con il suo amore, il giovane e bel vicino Alduccio che non esiterà, anche lui per interesse, a denunciare Michele.

Il colloquio con le due dottoresse che devono valutare la condizione di Gloria si trasformerà in un tribunale kafkiano nel quale riconoscere manipolazioni, depressioni, egoismi e degrado. Due lingue si contrappongono e collidono: quella sapiente delle professioniste, quella povera e degradata dell’improbabile coppia. Ci deve essere un destino – conclude l’assistente sociale (doppio ruolo di una bravissima Tina Femiano), anche per questi due disgraziati. Roberto Azzurro restituisce un personaggio umanissimo nelle sue debolezze, unico appiglio per Gloria, sola e abbandonata dalla nascita. Una discesa agli Inferi, nella storia dell’umanità fatta di abissi e squarci di luce. La pièce si conclude con un canto composto dallo stesso autore, sulla paradossale compresenza di gioia e tragedia, con tutta l’ambiguità della natura umana. Attori in stato di grazia.

Lunghi e meritati applausi alla prima.

(La foto di copertina è di Mario Spada)

 

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