Tom à la ferme, la banalità del male e dell’omofobia

Renato Aiello

Abituati a seguirlo di recente su Instagram coi suoi video reel comici e a teatro coi graffianti monologhi di stand up comedy, avevamo forse un po’ dimenticato il grande talento da attore drammatico di Lorenzo Balducci. In Tom à la ferme, andato in scena a Galleria Toledo il 30 e 31 gennaio 2024 a Napoli, per la regia di Giuseppe Bucci, è perciò un piacere vedere l’attore romano nei panni di Francis, il fratello omofobo del compagno di Tom, appena arrivato alla fattoria del titolo. Una produzione indipendente con il contributo di “Gaycs”, impreziosita dalle musiche del maestro Pericle Odierna.

L’OPERA DI BOUCHARD

Tom à la ferme
Tom à la ferme

Tratto dall’omonima opera teatrale di Michel Marc Bouchard, e passato anche sul grande schermo grazie al giovane Xavier Dolan, Tom à la ferme è un vero e proprio incontro di boxe. La tensione si taglia come il burro, la rabbia repressa è affilata come una lama, e forse più che di pugilato si dovrebbe parlare di colpi al sacco. Un sacco chiamato Tom (interpretato dall’intenso Salvatore Langella), colpito ripetutamente e vessato da Francis perché gay e soprattutto per essere stato il fidanzato del fratello ormai scomparso.

Il dolore del lutto spinge Tom a far visita alla madre di Guillaume e Francis (bravissima Marina Remi, soprattutto nella scena finale del confronto spietato con Francis). La quale è completamente ignara dell’identità del ragazzo e dell’omosessualità mai dichiarata del figlio defunto.

La fattoria è troppo lontana dai “presunti” eccessi della città, confermando quel divario tra provincia e Capitale presente in ogni paese civilizzato del mondo. La genitrice aveva ricevuto in passato persino delle foto di una ragazza, che servivano a salvare le apparenze e l’onore del figlio maschio. La presunta fidanzata arriva anche lei alla fattoria, e non senza conseguenze negli equilibri dei tre protagonisti.

SINDROME DI STOCCOLMA E OMOFOBIA

Tom à la ferme
Tom à la ferme

Il rapporto tra Tom e Francis possiede la stessa complessità amorale, disfunzionale e assolutamente malata che già si intravedeva a cinema – a suo tempo – nel Tom à la ferme di Dolan.

Tra sindrome di Stoccolma e omofobia, cullate dalla religiosità eccessiva e quasi opprimente della madre di Francis, la relazione che si instaura tra i due è fatta di plasticità e sguardi anche troppo vicini.

I corpi e i muscoli possenti si intrecciano in un ballo (il famoso tango del film già citato di Dolan qui è una rumba) che non fa altro che alimentare i dubbi e i sospetti sull’omosessualità latente del violento Francis, già colpevole di aggressione in passato nei confronti di un amico del fratello, ormai completamente sfigurato dall’energumeno. Le bugie, a quanto pare, non risparmiano nessuno, se il figlio morto aveva mentito al suo compagno in passato, persino tradendolo con Sarah.

GLI ATTORI

Se Balducci dà una bella conferma dell’attore completo che è sempre stato, capace di passare dalla vis comica agli sguardi più truci ed efferati sul palcoscenico, Langella non è da meno in Tom à la ferme col suo personaggio timido e impacciato. La morbosità disturbante di questa coppia, costretta all’improvviso a convivere sotto lo stesso tetto e a perpetrare un’infinita messa in scena agli occhi della madre, è scandita dalla musica, dalle luci e dagli stacchi sonori improvvisi che gelano il sangue dello spettatore in sala.

 

foto di scena di Manuela Giusto

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